La Piazza Forte Militare di La Maddalena
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LA MADDALENA – Nel contesto politico internazionale della Triplice Alleanza con Germania e Austria, lo Stato italiano decise di realizzare nell’Arcipelago di La Maddalena una moderna Piazzaforte Militare, allo scopo di controllare il Tirreno centrale e tenere sotto pressione il confine francese.
Nel 1887, con legge nazionale si autorizzava il Ministero della Marina ad un impegno straordinario di spesa per la costruzione di batterie, caserme, dighe, strade, supporti logistici ed abitazioni sulle isole.
In pochi anni, La Maddalena e Caprera furono interamente predisposte per la guerra.
Le grandi fortificazioni, quasi invisibili dal mare, sono: Nido d’Aquila, Punta Tegge, Punta Villa, Trinita e Peticchia sull’isola di La Maddalena; Stagnali, Punta Rossa, Poggio Rasu e Arbuticci sull’isola di Caprera.
Contrariamente a quanto previsto, gli sviluppi della Prima Guerra Mondiale non interessarono da vicino le coste maddalenine e le fortificazioni rimasero praticamente inutilizzate. Alla conclusione della guerra, i precari equilibri internazionali portarono lo Stato italiano ad investire nuove risorse sulla Piazzaforte maddalenina al fine di renderla difendibile dalle incursioni aeree.
Durante gli anni ’30 e ’40 furono edificate, nelle zone periferiche dell’Arcipelago, numerose batterie mimetizzate sotto roccia: Spalmatore, Carlotto e Puntiglione sull’isola di La Maddalena; Zavagli, Zanotto e Petrajaccio a Spargi; Candeo, Messa del Cervo, Isola del Porco, Poggio Baccà e Punta Coda a Caprera; Punta dello Zucchero a Santo Stefano.
La Stazione Vedetta Monte Budello, uno dei siti militari più vicini alle Bocche di Bonifacio, è un esempio straordinario di architettura bellica. Ben mimetizzata tra granito e vegetazione, la Stazione dipendeva dal Comando del Faro di Razzoli ed era costituita da un casotto di vedetta sulla cima di Monte Budello, da una casermetta poco più in basso e da altre due postazioni di avvistamento sulla costa sud dell’isola, rivolte verso Spargi. In tempo di guerra, era frequentata da non più di quattro militari con una dotazione minima, tra cui due mitragliatrici, un fanale di guerra e un cannocchiale montato su un treppiedi. Alle spalle della Spiaggia Rosa, è ancora ben visibile un casotto approdo-cavi, con relativa casermetta di vigilanza. Sulla Spiaggia del Cavaliere esiste un secondo casotto da cui i cavi raggiungevano l’isola di Santa Maria e poi quella di Razzoli.
Grazie alla presenza della Piazzaforte, nei primi decenni del novecento giunse a La Maddalena un nutrito gruppo di militari provenienti da varie regioni italiane nonché un numero consistente di famiglie sarde attirate dalle nuove opportunità di lavoro create dalla Marina Militare.
Dalle 2.000 unità dell’Ottocento, la popolazione passò vertiginosamente a oltre 10.000 abitanti nel 1911 e a 16.000 nel 1936.
Le nuove componenti etniche andarono ad aggiungersi alle famiglie di origine corsa, ai pescatori provenienti dall’Italia Meridionale ed agli scalpellini giunti dalle regioni centro-settentrionali per lavorare l’ottimo granito della cava di Cala Francese.
Il centro abitato, nel giro di vent’anni, si estese fino a dimensioni sei volte superiori rispetto al passato e con una divisione marcata tra “città borghese” e “zona militare”; vennero aperte sei scuole, cinque cinema e due case di tolleranza; si costruirono il Palazzo Comunale, il campo sportivo, l’acquedotto, l’ospedale militare e le prime case popolari.
L’Arsenale Militare, che nel 1910 impiegava già 117 civili e circa 200 detenuti addetti ai lavori forzati, divenne per i maddalenini la principale fonte di occupazione. Nei primi anni del ‘900 venne affidata, tramite gara d’appalto, la costruzione del dromo di Budelli e nel 1910 fu costruito il Faro di Punta Filetto sull’isola di Santa Maria.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Arcipelago fu teatro di sanguinosi eventi, legati soprattutto alle vicende della flotta italiana ed alla presenza della Piazzaforte Militare.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, La Maddalena, in particolare la batteria di Nido d’Aquila, fu uno dei rari luoghi d’Italia in cui i soldati italiani spararono per primi contro quelli tedeschi. Inoltre, si ricorda l’affondamento dell’incrociatore Trieste, nella rada di Mezzo Schifo, ad opera degli anglo-americani nell’aprile del 1943 e quello della corazzata Roma, al largo dell’Arcipelago, nei giorni immediatamente seguenti l’Armistizio, stavolta per mano tedesca.
In memoria degli oltre mille uomini che persero la vita nelle acque del Nord-Sardegna, venne eretta, sugli scogli dell’isola di Santo Stefano, una colonna granitica affiancata da una scultura allegorica raffigurante l’Uccello delle tempeste. Le bombe sganciate su Budelli nel tentativo di colpire la Stazione Vedetta di Monte Budello, fortunatamente, non colpirono ne gli obiettivi militari ne la Spiaggia Rosa.
Il 7 agosto 1943, un mese prima dell’armistizio, era stato trasferito a La Maddalena, come prigioniero, Benito Mussolini.
L’isolamento di Benito Mussolini, durato venti giorni e consumato nella villa ottocentesca Villa Webber – (costruita dal Viceconsole inglese James Webber), fù pressoché totale, interrotto solamente da alcune sporadiche visite del Parroco di La Maddalena Don Salvatore Capula. La vicenda si concluse con l’improvviso trasferimento del duce sul Gran Sasso. Durante la prigionia, Mussolini, ormai in preda a sconforto, si firmò defunto.
Al termine del conflitto, le pesanti condizioni di pace imposte all’Italia determinarono lo smantellamento della Piazzaforte e generarono una lunga crisi economica ed un lento decadimento sociale della comunità isolana.
(Parzialmente tratto da “La spiaggia rosa e l’isola di Budelli. Guida naturalistica e storica” di Marco Leoni, Fabio Presutti, Luca Bittau).
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